C’è una materia prima che alla fine di novembre costava 17 dollari e ora ne costa 26, con un rialzo del 47% in soli tre mesi, ma nessuno sembra essersene accorto…eccetto i nostri abbonati a Strategie Portfolio.

Mi spiego meglio…

La commodity di cui parlo è l’uranio, che nel 2011 costava 140 dollari e da quel momento, come tutte le altre materie prime, ha intrapreso un lungo trend a ribasso di 5 anni riducendosi a costare 17 dollari (parliamo di un ribasso del 700%!).

Da molto tempo, noi di Segnali di Borsa, seguiti dalle migliori testate finanziarie, abbiamo lanciato la notizia del “risveglio” delle materie prime, uno dei settori più deprezzati dell’universo e perciò con un potenziale a rialzo fra i più alti al mondo.

Il nostro primo articolo su una commodity risale al lontano maggio 2016 e trattava di un rialzo del 7% del rame.

Su questo argomento, ti invito a leggere l’articolo qui e poi anche quello successivo, risalente a novembre scorso, per capire il particolare approccio statistico con cui seguiamo questi trend con una percentuale di errore estremamente ridotta.

Per farti capire: fin dal 2015 abbiamo trattato già diversi trend del genere: litio, rame, zinco, legname, immobili USA, platino, caffè, suini USA e naturalmente l’oro in tutte le sue infinite sfaccettature (non ti metto i link, perché sono davvero tanti, ma puoi andare nel blog e leggere tutto).

Tutti questi trend, nessuno escluso, hanno avuto i rialzi previsti, come dimostra la tabella qui sotto:

Quindi, quando diciamo che l’uranio sta per seguire lo stesso destino delle commodities citate sopra, lo diciamo a ragion veduta.

Perché ne siamo così sicuri e quali sono i requisiti essenziali per decretare un trend a rialzo in questi casi?

Ci sono soli tre aspetti da considerare:

  1. l’asset considerato deve essere reduce da un lungo deprezzamento (e l’uranio è sceso del 700% negli ultimi 5 anni)
  2. poi deve essere trascurato dagli investitori (nonostante si sappia che le commodities in genere sono in rialzo, l’uranio è ancora fuori dal radar degli analisti)
  3. e allo stesso tempo, devono già esserci i primi segnali di un rialzo deciso

Gli ultimi due aspetti sono cruciali.

Al mondo ci sono tanti asset molto deprezzati, ma la maggior parte di questi continuerà a seguire un trend a ribasso per chissà quanto tempo.

Per distinguere quelli che invece stanno per invertire la rotta a rialzo, è necessario poter contare su primi segnali di rialzo già abbastanza decisi.

Tornando all’esempio del rame, nel nostro primo articolo di maggio avevamo notato già un rialzo del 7%, ma solo nell’articolo successivo abbiamo informato i lettori di un ulteriore rialzo che toglieva ogni dubbio sul fatto che il metallo avrebbe abbandonato il trend a ribasso.

Questo punto è indispensabile per non rischiare di essere intrappolati in un ribasso ancora senza vie d’uscita.

Ma se poi lo combiniamo col punto 2, è capace di rendere il nostro trade molto più “smart”.

Nel caso dell’uranio, ad esempio, gli investitori di borsa ritengono che la domanda di questa materia prima sia ancora troppo bassa rispetto all’offerta.

In effetti, estrarre l’uranio costa 65 dollari, mentre guadagni solo 26 dollari dalla sua vendita. Si tratta ancora di una produzione in perdita, come era quella dell’oro fino a metà 2016.

Quindi, come detto nel punto 2 dell’elenco sopra, l’uranio è ancora trascurato dagli investitori.

Ma come abbiamo visto nel luglio 2016, questa situazione non ha impedito che le azioni delle miniere d’oro in borsa avessero dei rialzi del 50% e oltre.

Come è potuto avvenire una cosa del genere?

E’ bastato che gli Inglesi votassero per l’uscita dall’Unione Europea per innescare la corsa all’acquisto dei titoli legati all’oro, anche se i prezzi alla produzione non erano ancora positivi per questo metallo.

Con l’uranio sta accadendo la stessa cosa.

L’elezione di Trump e le sue promesse di affossare le energie alternative, hanno dato nuove speranze agli speculatori di uranio, che hanno probabilmente incrementato posizioni long su questo asset. Dico “probabilmente”, perché l’uranio non viene scambiato su piazze ufficiali, ma il suo prezzo risulta solo da contrattazioni private.

Quindi, accorgersi di un movimento a rialzo deciso, come il rally del 47% fatto dall’uranio negli ultimi tre mesi, ci fornisce un segnale che qualcosa è accaduto nelle contrattazioni di questa materia prima.

E avere una notizia del genere nel momento in cui gli investitori sono ancora fuori dall’uranio, ci permette di entrare in questo asset prima che gli altri ci entrino in massa e facciano salire ulteriormente il prezzo.

Ecco perché nel nostro servizio Strategie Portfolio abbiamo inserito in portafoglio un produttore minerario dell’uranio, ed ecco perché il titolo ci ha già dato un rendimento del 12% circa in un mese (lo abbiamo inserito l’11 gennaio scorso).

Si tratta di un trade che non durerà molto, perché è legato a fattori emotivi legati alla fiducia nelle riforme di Trump, non certo a fattori economici fondamentali.

Cercheremo perciò di tirare il trade quanto più possibile e di uscire prima che Trump inizi inevitabilmente a deludere le aspettative dei produttori di uranio.

Se però nel frattempo dovessero intervenire altri fattori capaci di consolidare il trend a rialzo dell’uranio, potremmo decidere di restare nel nostro titolo minerario, oppure di uscire e di rientrare in seguito.

Con le altre materie prime è accaduto lo stesso.

All’inizio, si è trattato di un rialzo basato sull’emozione, ma poi altri fattori hanno stabilizzato il rialzo.

Lo zinco e il litio sono da considerare a parte, perché entrambi hanno un rapporto positivo tra domanda e offerta, nel senso che la loro produzione è talmente più bassa della domanda che non ci sono dubbi sul loro potenziale di rialzo a lungo termine.

Le altre materie prime invece hanno dei fattori di rialzo di medio termine, pur non essendo ancora merce in grado di fornire utili ai loro produttori.

In sostanza però, la tabella che ho mostrato sopra non lascia dubbi sul fatto che, per un motivo o per l’altro, tutte le materie prime considerate da noi hanno avuto dei fattori di medio o lungo termine che li hanno portati a rialzo fino a oggi (anche oltre le nostre aspettative, come nel caso dei suini e degli immobili USA).

Un’ultima nota sulla tabella dei rendimenti mostrata all’inizio dell’articolo…

Si tratta dei rendimenti degli etf che tracciano la performance delle materie prime. Sono gli etf che noi di Segnali di Borsa usiamo per seguire l’andamento dei trend che abbiamo sotto osservazione.

Questi etf potrebbero non trovarsi nelle piattaforme o nelle banche italiane; e anche se ci sono, hanno una fiscalità a parte che non permette alle banche di prelevare in automatico le tasse sui rendimenti come avviene con i normali titoli di borsa.

Ecco il motivo per cui nei nostri servizi ad abbonamento non utilizziamo questi etf per far cavalcare i trend ai nostri iscritti.

Nei nostri servizi ad abbonamento facciamo un’ulteriore opera di selezione e scegliamo dei titoli azionari (non quindi degli etf) che i nostri iscritti possono comprare senza problemi in qualsiasi banca o piattaforma italiana.

Inoltre, ovviamente forniamo i segnali di uscita da questi titoli quando non è consigliabile tenerli oltre in portafoglio (cosa che non facciamo nei nostri articoli di Segnali di Borsa, perché questo è solo un giornale online, non un servizio di trading) e infine forniamo tutte le informazioni per seguire nel tempo i titoli presenti in portafoglio, fino alla loro vendita.

Se vuoi sapere di più sui nostri servizi ad abbonamento, puoi leggere ad esempio altre informazioni su Strategie Portfolio, il servizio che attualmente sta usando il titolo sull’uranio.

Seguire questi trend delle materie prime sta diventando entusiasmante, ma è sempre consigliabile farlo con la guida di un team che ti fornisce in tempo le informazioni giuste per portare avanti in sicurezza i tuoi trade.

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Alla tua prosperità!

Il team di Strategie Portfolio