Questo articolo di Zerohedge spiega con molta chiarezza gli squilibri che la politica monetaria della Federal Reserve sta creando nelle banche non americane.
Si tratta di un altro fattore distruttivo legato all’aumento incontrollato del dollaro da aggiungere agli altri di cui abbiamo parlato altrove.
In sostanza, funziona cosi’: visto che tutti gli asset da investimento sono azzerati dalla Fed, le grandi banche straniere non possono fare altro che rifugiarsi nei titoli di stato americani; gli unici che oggi garantiscono un certo rendimento.
Ma il modo di investire delle banche non è come quello dei comuni mortali.
Quando una grande banca impiega cifre considerevoli su degli asset, si preoccupa sempre di aprire posizioni a copertura dell’investimento. Sono le leggi bancarie a richiedere questa misura prudenziale.
Quindi, facendo un esempio concreto, se una grande banca investe 100 in titoli di stato denominati in dollari, deve allo stesso tempo investire 100 in futures a ribasso sul dollaro a copertura dell’investimento precedente.
Tuttavia, in un contesto in cui la Federal Reserve aumenta i tassi ogni tre mesi, portando il dollaro a livelli sempre piu’ alti, quelle posizioni futures aperte dalle banche a copertura diventano una fonte di perdite costanti.
Infatti, ogni volta che i futures vanno in scadenza, la banca deve ricomprarli. Ma se nel frattempo il dollaro è salito, le banche perdono soldi nell’operazione.
Tra parentesi, considerando poi che gli acquisti in derivati avvengono nella valuta nazionale della banca, questo porta ulteriore pressione a ribasso su tale valuta e ulteriore pressione a rialzo sul dollaro.
Ma soffermiamoci per ora su cosa accade nelle banche costrette a fare queste operazioni suicide. Non ci vuole molto a capire che prima o poi queste perdite continue possano aprire dei buchi di bilancio, almeno nella contabilità overnight delle banche.
Zerohedge ad esempio ha notato che a fine settembre, in coincidenza con le scadenze di questi futures-killer detenuti dalle banche, gli spread delle obbligazioni “investment grade” sono aumentati di quasi 20 punti base.
E’ come se il mercato obbligazionario, sempre attento a cio’ che succede davvero nell’economia al di là delle favole dei media, si sia accorto della criticità in questi derivati e inizi a scontarla sul proprio mercato.
L’altra prova che Zerohedge ci fornisce a conferma di questo meccanismo perverso è un po’ piu’ inquietante.
Il 5 ottobre la Federal Reserve ha infatti inviato 3 miliardi di dollari alla banca centrale svizzera per coprire il buco di bilancio di una grande banca del paese, presumibilmente la famosa Credit Suisse di cui tanto si parla.
L’entità di questo aiuto è pari solo a quello che la Fed invio’ alla stessa banca centrale durante la crisi del covid.
L’aiuto avviene sotto forma di “liquidity swap”, cioè la Fed compra franchi svizzeri il 5 ottobre, in cambio di dollari, dopodiché alla scadenza (il 13 ottobre) si ricompra i dollari con un interesse.
E’ il primo swap che la Fed effettua quest’anno e, secondo alcuni analisti, potrebbe essere il primo di una serie, se il corso incontrollato del dollaro farà aprire nuovi buchi di bilancio nelle banche dei paesi “alleati” degli USA.
Per inciso, è da notare che queste crisi di bilancio non affliggono le banche americane, dal momento che la Fed, prima di iniziare questa macelleria economica, si è preoccupata di assicurare ben due rendite passive ai propri istituti di credito:
– gli interessi sulle riserve che le banche per legge devono depositare presso la Fed,
– gli interessi sui depositi repo
Con l’aumentare dei tassi d’interesse USA, l’entità di queste rendite è ora ben al di sopra del 3% e assicura alle banche americane una comoda fonte di liquidità praticamente gratis.
Nel suo solito stile sensazionalistico, Zerohedge salta subito alla conclusione che questo meccanismo suicida delle coperture sui titoli di stato USA possa innescare una qualche crisi conclamata nelle banche non americane.
Io invece ritengo che la Fed sia perfettamente in grado di sostenere nel tempo questi aiuti overnight nei suoi stati “vassalli”. Anzi, se ci riflettiamo un po’, possiamo anche ipotizzare che cio’ rientri perfettamente negli interessi strategici degli USA.
Costringere i paesi “alleati” a mendicare aiuti ogni tre mesi per evitare delle crisi bancarie…c’è un modo migliore per tenere sotto controllo la “fedeltà” di questi paesi?
Finché il giocattolo non si rompe, l’America pensa di aver trovato la formula magica del dominio mondiale. Quindi i rialzi dei tassi della Fed non si fermeranno tanto presto (e, ancora una volta, è chiaro che non riguardano la lotta all’inflazione)…