Secondo gli ultimi dati trimestrali della Bank of International Settlements (BIS, la “banca centrale delle banche centrali”), i volumi giornalieri del mercato dei derivati ammonta a $ 9 trilioni. In confronto, nel 2018 le esportazioni di beni e servizi a livello globale ammontavano a meno di $ 100 miliardi al giorno.
Quando si dice che il mondo finanziario ha surclassato l’”economia reale”, è principlamente a questo che si fa riferimento…
Questo immenso mercato è piu’ grande di qualsiasi settore economico “reale”, di qualsiasi bilancio statale o federale e di qualsiasi altro mercato finanziario,
Le grandi banche continuano ad essere i maggiori partecipanti di questo mercato. Fra queste spiccano le 6 maggiori banche al mondo: Bank of America, Citibank, Deutsche Bank, Goldman Sachs, JPMorgan e Morgan Stanley.
Attraverso di esse, le banche centrali possono controllare sul mercato dei derivati i prezzi di molte materie prime, settori industriali e beni di vario tipo.
Manipolando questo mercato è possibile far credere che un settore o un certo bene siano in salute o in disgrazia, secondo le esigenze delle banche centrali (emblematico è l’esempio dell’oro di cui ci siamo occupati molte volte in altri articoli).
Sempre secondo la BIS, il 43% delle transazioni dei futures avvengono su piattaforme e istituti finanziari che risiedono in UK. E una percentuale rilevante di questi derivati è denominata in euro.
Ora, ecco la svolta: a causa della Brexit, l’autorità europea dei mercati di borsa, l’ESMA, ha decretato che dal 31 dicembre Londra non sarà piu’ abilitata a gestire le transazioni dei futures denominati in euro o che vengono tradati per conto di investitori, traders e fondi di investimento europei.
Per capire l’assurdità di questa decisione, basti pensare che a Londra vi sono 2.079 società abilitate a gestire le transazioni dei futures, mentre in tutti i 27 paesi europei messi insieme ve ne sono appena 703…
Negli ultimi 47 anni le società londinesi hanno accumulato tutta l’esperienza, la conoscenza e gli strumenti necessari a dominare questo complesso mercato, gestendo le innumerevoli problematiche relative alle varie giurisdizioni, ai delicati equilibri fra i vari istituti bancari e ai rapporti confidenziali fra questi e le banche centrali.
Possiamo solo immaginare quanti anni ci vorranno per le aziende europee, soffocate dal delirio di regolamentazione burocratica del Leviatano a cui sono sottoposti, prima di raggiungere la semplicità di esecuzione, l’affidabilità e la puntualità degli istituti londinesi.
Già Scott O’Malia, direttore esecutivo dell’International Swaps and Derivatives Association (ISDA) ha pubblicato un allarmato articolo che prospetta una possibile frammentazione della liquidità nei derivati a seguito di questo assurdo conflitto di stampo medievale innescato dal Leviatano europeo.
Ma i rischi maggiori si potrebbero presentare nella delicatissima funzione di “clearing” assunta in decenni di esperienza dalla maggiore “clearing house” londinese, la LCH.
Il clearing avviene quando una società (in questo caso la LCH) lavora come intermediario nel dietro le quinte delle transazioni dei derivati, preoccupandosi che tutto il valore nominale dei titoli transati sia coperto dal collaterale necessario.
In sostanza, il clearing è cio’ che conferisce credibilità ai derivati. Senza il clearing non potremmo fidarci se davvero 100 quote di un certo future sul rame corrispondono davvero al prezzo del rame sottostante.
E’ vero che in tanti articoli abbiamo messo in discussione tale credibilità per quanto riguarda le quotazioni dell’oro (e si potrebbe dire lo stesso per le quotazioni del petrolio). Ma, siamo realistici: anche per manipolare ci vuole l’esperienza necessaria a evitare che tutto ci crolli addosso…nessuno, compreso noi, si augura che un giorno tutto il mercato dell’oro vada a farsi benedire a causa dell’inaffidabilità del clearing.
Il rischio che questa funzione cosi’ delicata, attualmente gestita da una società che ha impiegato decenni per metterla a punto (la LCH ogni giorno certifica transazioni per un valore di 1 trilione di dollari!), venga delocalizzata nelle multiple giurisdizioni del balcanizzato settore finanziario europeo sta diventando un vero e proprio incubo nei salotti buoni della finanza.
Al punto che, per il bene supremo della stabilità dei mercati (e, aggiungo, per la stabilità dell’intera economia, ormai dipendente dai derivati quasi all’80%), Londra e Bruxelles hanno dovuto trovare un compromesso, rimandando di 18 mesi la realizzazione di quest’incubo.
Nel frattempo, Bruxelles spera di poter raggiungere (in soli 18 mesi) l’expertise necessaria per sostituire la LCH in questa funzione capace di far cascare il mondo. La stessa funzione che la LCH ha impiegato quasi 50 anni a sviluppare…auguri…!
Mentre stiamo col fiato sospeso in attesa degli sviluppi di questa infernale vicenda, non possiamo non osservare che, fra i due contendenti, potrebbe esserci un terzo escluso destinato a vincere la partita…
Si tratta forse della borsa italiana, piu’ volte celebrata nei telegiornali pecorecci come la prossima erede di Londra?
Niente affatto…
In realtà, c’è una sola piazza dotata di esperienza, capacità e strumenti paragonabili alla piazza di Londra, ed è ovviamente quella di New York.
Per le banche europee sarebbe piu’ facile fare le transazioni sulle piattaforme americane, che hanno già la stessa affidabilità ed esperienza di quelle londinesi, piuttosto che dover aspettare che le piattaforme europee in una notte diventino improvvisamente capaci di gestire il mercato piu’ grande del mondo.
E’ vero che anche in questo caso sarebbe necessario risolvere problemi di giurisdizioni legali e anche di compatibilità tecnica. Ma il risultato sarebbe garantito.
New York alla fine potrebbe diventare il punto di convergenza di tutte le nuove correnti finanziarie che il mondo post covid sta facendo emergere, a cominciare da quella delle criptovalute, per finire con quelle dei derivati.
Speriamo che gli USA si mostrino all’altezza di governare la svolta in questi anni cruciali.