Venderdi i future sul greggio sono saliti di quasi il 25% nella speranza che l’amministrazione Trump contribuirà a stabilizzare i prezzi convincendo sauditi e russi a tagliare la produzione.
Negli ultimi cinque anni le compagnie statunitensi di scisto hanno ridotto progressivamente i loro costi di perforazione, ma nonostante questi sforzi, una quotazione a $ 24,17 al barile non è abbastanza alta per mantenere remunerative le attività di molti produttori.
La maggior parte dei centinaia di produttori di scisto ha un business sostenibile con una quotazione compresa tra $ 55 e $ 65 al barile, mentre solo 16 compagnie operano in aree dove il costo medio di produzione è inferiore a $ 35 al barile (Exxon ad esempio è in grado di essere redditizio anche a $ 26,90 nelle sue aree di sfruttamento del New Mexico).
Occidental è un altro produttore che riesce ad essere remunerativo intorno ai $ 30, ma è stato penalizzato in borsa, perché una quotazione del greggio troppo bassa lascerebbe alla compagnia pochissimo cash residuo per il pagamento dei debiti.
E questo è infatti l’altro grande tema: il fracking è un’attività a così alta intensità di capitale che deve essere finanziata con un alto indebitamento.
L’elevato indebitamento non è necessariamente un problema per tutte le compagnie. È la scadenza dei loro debiti ad essere il vero discrimine tra le compagnie a rischio e quelle messe meglio.
All’inizio di questa settimana la CNBC ha riferito che degli $ 86 miliardi di debito che le società di esplorazione e produzione devono rifinanziare o rimborsare entro il 2024, saranno dovuti quest’anno solo $ 5,3 miliardi. La maggior parte di questi debiti infatti, circa $ 25,7 miliardi, va in scadenza nel 2022. E questo dà alle compagnie di produzione un po’ di respiro.
Inoltre, quasi la metà di questi $ 86 miliardi di debito è concentrato solo in 10 società (tra cui la solita Occidental), mentre altre compagnie sono oberate da un carico molto minore.
Di conseguenza, il default a tappeto delle compagnie petrolifere che alcuni paventano non è un rischio immediato, almeno per i prossimi due anni.
La preoccupazione piu’ immediata per le società produttive e estrattive è aumentare il cash, spesso riducendo i dividendi delle loro azioni. Ad esempio, Occidental ha già dichiarato di voler tagliare il proprio dividendo dell’86% per ottenere piu’ liquidità.
In conclusione, chi volesse selezionare le compagnie petrolifere in base alla loro rischiosità dovrebbe anzitutto sapere se i costi di produzione sono sostenibili a basse quotazioni. Poi dovrebbe informarsi sulle misure adottate per affrontare la crisi (la società sta chiudendo le piattaforme? Sta rinviando l’esplorazione di nuovi giacimenti? Sta tagliando il dividendo? E’ in grado di proteggersi dalla riduzione del prezzo del petrolio? Per quanto tempo?).
Oltre a ciò, si dovrebbe analizzare i bilanci delle aziende e scoprire le scadenze del loro debito e se hanno un flusso di cassa capace di reggere le perdite.
A parte pero’ i fattori economici fondamentali, il settore petrolifero è molto influenzato dai fattori politici.
Un accordo sui livelli di produzione promosso dagli USA cambierebbe di molto le prospettive, sia nel breve che nel medio termine.
E’ per questa imprevedibilità dovuta alla continua ingerenza della geopolitica che generalmente preferiamo non investire in questo settore.