Il 30 marzo avevamo pubblicato sul nostro canale Telegram un post in cui commentavamo il fatto che, dopo i primi bank run avvenuti in America a seguito dei fallimenti bancari, il rendimento dei buoni del tesoro americano a 10 anni era crollato dal 4,07% al 3,37%, mentre il rendimento di quelli a due anni era crollato dal 5,06% al 3,76%.
Queste rapidi diminuzioni dei rendimenti si spiegavano facilmente col fatto che i correntisti, dopo aver tolto i soldi dai loro conti bancari, li avevano spostati sui buoni del tesoro o sui fondi monetari che investono in essi.
In tal modo, un aumento della domanda aveva incrementato i prezzi di questi titoli, facendone diminuire il rendimento, che è sempre inverso al prezzo.
Tuttavia nel post notavamo che, dopo questo brusco calo, i rendimenti erano di nuovo aumentati (moderatamente) verso la fine di marzo. Infatti, nel momento in cui scrivevamo il post, il rendimento a 10 anni era salito al 3,59% e quello a due anni era al 4,10%.
In una nota riservata ai clienti della Barclays, Joseph Abate, uno dei maggiori esperti del sistema bancario, ha fornito una spiegazione di questa momentanea risalita dei rendimenti.
Secondo Abate infatti in tutte le restrizioni monetarie effettuate dalla banca centrale americana nel 1984, 1995, 2004 e 2015, i bank run hanno sempre avuto due fasi distinte:
1. Una fase acuta in cui i correntisti corrono a svuotare i depositi a seguito di qualche default bancario
2. E una fase “cronica”, in cui i correntisti, anche senza la spinta dei default bancari, iniziano a spostare ugualmente i propri risparmi nei fondi monetari o nei buoni del tesoro a breve termine, perché questi ultimi offrono rendimenti maggiori di quelli elargiti dai depositi delle banche.
Anche se il gap di rendimento tra i depositi bancari e il mercato monetario esisteva già nel corso della fase 1, la fase 2 avviene sempre in ritardo, in quanto esiste una soglia di “disattenzione” al di sotto della quale gli investitori non danno importanza a questa differenza dei rendimenti delle loro disponibilità liquide in banche o fondi monetari.
Sulla base dei cicli passati, possiamo notare che solo quando lo spread tra i tassi di deposito e quelli del mercato monetario si avvicina a 200 punti base, il denaro inizia a muoversi verso i fondi monetari e i buoni del tesoro a un ritmo sempre più veloce, con grande angoscia esistenziale delle banche più piccole che non possono eguagliare i tassi del mercato monetario.
Questi flussi “ritardati”, una volta iniziati, acquistano rapidamente slancio, portando rapidi aumenti nei saldi dei fondi monetari del valore di diverse centinaia di miliardi di dollari.
Abate conclude la nota dicendo che nel ciclo restrittivo attuale: “la soglia di disattenzione è stata raggiunta ed è già iniziata la seconda ondata di deflussi di depositi.”
Per tale ragione, la ripresa di acquisti di questi titoli ne farà nuovamente incrementare il prezzo, con conseguente nuova discesa dei rendimenti.
Grazie quindi a questo “bank run cronico” di medio lungo periodo, il trend in discesa dei rendimenti dei buoni del tesoro, iniziato nella “fase acuta”, avrà un nuovo slancio e confermerà i segnali dell’analisi tecnica, da noi spesso commentati su Telegram, che mostravano già la probabilità che questo trend sarebbe stato appunto di medio-lungo termine.
Nel corso di questo bank run cronico, molto piu’ lungo del bank run “acuto”, la Fed forse dovrà fornire ulteriore liquidità nei suoi programmi di salvataggio, per proteggere i correntisti delle banche regionali americane, che certamente inizieranno a soffrire nuovamente.
Questa è una delle ragioni per cui il trend delle borse azionarie è sempre inverso a quello dei rendimenti dei buoni del tesoro.
Man mano che i rendimenti dei titoli di stato scendono e la Fed immette nuova liquidità nel mercato, il rialzo del mercato azionario (soprattutto nel Nasdaq e nello S&P500) riprende il suo ciclo di medio termine.
Ma anche nel lungo termine il mercato azionario avrà una spinta in piu’, in quanto il ciclo dei buoni del tesoro a un certo punto inizia a “mordersi la coda”: man mano infatti che gli investitori entrano in questi titoli, ne fanno scendere i rendimenti fino al punto da renderli meno attraenti rispetto ai rendimenti offerti dai i titoli azionari ad alta crescita.
La fase in cui gli investitori sono attratti dai buoni del tesoro è quindi sempre di corto respiro, perché è soggetta a una sorta di auto-riduzione programmata, dovuta all’impossibilità di mantenere alti i rendimenti di fronte a un aumento dei flussi di capitale in questi titoli.
Al contrario il mercato azionario per definizione incrementa i rendimenti proprio grazie all’aumento dei flussi di capitali.