In questo articolo del 27 ottobre avevamo predetto che in occidente un euro e un dollaro digitali avrebbero visto la luce molto piu’ tardi del previsto.
Tale affermazione si basava sulle dichiarazioni ufficiali della BCE e della Federal Reserve e su osservazioni oggettive di carattere tecnico, sociale e politico-finanziario.
Tuttavia gli ultimissimi sviluppi dello yuan digitale e le conseguenti reazioni in altri paesi oggi ci costringono a rivedere questa tempistica.
Vediamo perché.
La Cina ha iniziato a testare lo yuan digitale nel 2019, grazie alla collaborazione delle grandi banche nazionali e delle mega-società cinesi come Alibaba e Baidu.
Poi nel 2020 ha iniziato i test pubblici (cioè l’uso sul campo da parte di fasce di popolazione), distribuendo 10 milioni di DCEP (Digital Currency Electronic Payment) a 50.000 cittadini a Shenzhen ed espandendo poi i test a Shanghai, Pechino e altre grandi città.
La novità di oggi è che la Cina sembra voler accelerare i tempi per l’adozione del DCEP come valuta di riserva globale e che a tale scopo lo stia già testando in silenzio in diverse nazioni.
Uno di questi progetti, chiamato Bridge Multiple Central Bank Digital Currency (m-CBDC), è una collaborazione tra l’Autorità monetaria di Hong Kong, la Bank of Thailand e gli Emirati Arabi Uniti.
Queste parti stanno lavorando insieme sui trasferimenti transfrontalieri di fondi, sul regolamento del commercio internazionale e sulle transazioni sul mercato dei capitali.
Naturalmente, se questi test sono già in corso, vuol dire che esiste già una blockchain condivisa tra queste nazioni e pronta ad essere estesa ad altri stati partecipanti.
Forse per questo la banca centrale tailandese (che partecipa appunto al test cinese) si è affrettata a pubblicare una dichiarazione ufficiale secondo la quale qualsiasi stablecoin emessa da privati denominati in baht thailandesi è illegale.
Ciò è avvenuto in risposta alla creazione di THT, una stablecoin denominata in baht thailandesi creata su una piattaforma stablecoin sudcoreana chiamata Terra (quindi emessa da una entità residente in uno stato “nemico” del blocco cinese).
Ma il fatto piu’ rilevante è che la mossa cinese ha spinto anche gli Stati Uniti a rispondere.
Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha infatti appena abbandonato le blande affermazioni del passato, anche recente, dichiarando che lo sviluppo di un dollaro digitale è ora una priorità assoluta e che la Federal Reserve Bank di Boston e il MIT stanno lavorando al prototipo di una piattaforma digitale del dollaro i cui dettagli potrebbero essere rivelati a luglio.
Questa improvvisa escalation sulle valute digitali nazionali potrebbe quindi sparigliare le carte nell’attuale sviluppo delle blockchain che supportano sia le valute private che quelle nazionali.
In particolare, è da vedere l’impatto che tutto questo avrà sulla recente forte affermazione di bitcoin e delle altre cripto private in America.
Su quest’ultimo fenomeno, integratosi a tal punto nella società statunitense da cambiare il volto del trend pluriennale di queste valute, sorgono spontanee due domande:
- L’improvvisa accelerazione sul dollaro digitale potrebbe spingere la Fed o il Tesoro a dichiarare di nuovo guerra a bitcoin?
- Oppure bitcoin e le altre cripto private, essendo viste come fumo negli occhi dalla Cina e da altri stati nemici, continueranno ancora di piu’ ad essere considerate un asset “complementare” al dollaro (come i recenti sviluppi in alcuni settori economici e finanziari facevano pensare, almeno fino a ieri)?
La prima ipotesi è supportata dal fatto, storicamente acclarato – anche dalla cronaca odierna -, che i governi o le entità governative, quando sono sotto pressione, si lasciano guidare sempre meno dalla ragione e dalla scienza e mettono in campo semplificazioni di stampo autoritario quasi sempre controproducenti a lungo termine.
La seconda ipotesi è invece supportata dall’oggettivo ritardo tecnologico della Fed rispetto alla Cina su questo specifico aspetto e dalla relativa facilità con cui l’America potrebbe combattere lo yuan digitale senza aspettare i tempi lunghi di un dollaro digitale ufficiale, usando già oggi le reti di pagamento private di VISA e Paypal.
Infatti, come abbiamo discusso in un recente articolo della nostra newsletter, la struttura VISA dovrebbe a breve veicolare un set di valute digitali (oltre alle solite criptovalute, anche USDC, il dollaro digitale regolato dalle leggi americane) che risulterebbe incomparabilmente piu’ allettante di uno yuan digitale (non solo per il pubblico americano, ma anche per quello internazionale).
Il fatto che le imminenti strutture pro-cripto annunciate in questi giorni da VISA e Paypal non fossero state finora osteggiate dal Tesoro o dalla Fed lasciava pensare che ai piani alti si rendessero conto del potenziale che potrebbero avere e del fastidio che potrebbero dare al progetto di uno yuan digitale.
Non sappiamo pero’ se questa condotta ispirata al buon senso verrebbe abbandonata se vi fosse una recrudescenza nella “guerra valutaria digitale” appena dichiarata dalla Cina…
Questa mossa cinese getta quindi lo scompiglio sia a livello geopolitico, sia a livello finanziario, nei trend che si erano instaurati dal 2020 a oggi.
Il che ci costringe a monitorare molto da vicino i successivi sviluppi di questa vicenda…