Durante la conferenza stampa al termine del suo ultimo discorso sulle prossime manovre della BCE, Draghi ha mentito ai giornalisti, sostenendo che “il consenso [per la decisione di tali manovre] era così ampio che non è stato necessario votare”.
In realtà “funzionari con conoscenza diretta dei fatti” hanno riferito a Bloomberg che durante la riunione alcuni membri del Consiglio direttivo e del Consiglio esecutivo si erano opposti vigorosamente al riavvio del QE.
E i membri “dissidenti” (rivelati dall’articolo di Bloomberg) non erano certo elementi secondari della finanza europea:
- Jens Weidmann, presidente della Bundesbank
- Francois Villeroy de Galhau, governatore della Banca di Francia
- Klaas Knot, presidente della Banca Centrale Olandese
- Ewald Nowotny, governatore della Banca Centrale Austriaca
- Ardo Hansson, governatore della Banca Centrale di Estonia
- Sabine Lautenschlaeger, membro del Comitato Esecutivo BCE
- Benoit Coeure, membro del Consiglio di Amministrazione BCE
Già solo quei cinque capi di banche centrali nazionali, da Weidmann a Hansson, rappresentano infatti circa la metà dell’economia dell’Eurozona.
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Secondo i membri “dissidenti” il rilancio del QE era un’arma da riservare per le emergenze, come ad esempio una Brexit senza “deal”. Ma nonostante tale opposizione, non vi è stato alcun voto; il che è del tutto insolito quando, come in questo caso, non c’è consenso nella discussione.
Insomma, sembra che Draghi abbia semplicemente imposto la sua agenda e sia poi andato dai media a dichiarare il fatto compiuto.
E questa non è la prima volta che accade.
A giugno infatti Draghi aveva dato ai giornalisti un anticipo sulle misure prese oggi, affermando che tali misure erano state discusse, mentre in realtà, fonti che avevano partecipato al meeting della BCE avevano dichiarato alla Reuters che non vi era stata alcuna discussione in merito. Draghi era semplicemente partito in quarta, dando la sua agenda personale in pasto ai media, cercando in tal modo di forzare la mano ai membri del Consiglio.
Il fatto che queste menzogne siano state rivelate dai suoi oppositori interni, indica il forte senso di disagio creatosi intorno all’ormai dimissionario capo della BCE, ma soprattutto fanno emergere un problema di legittimità sotteso alle misure di allentamento monetario trionfalmente proclamate ieri da Draghi.
In tale contesto, i tweet provocatori di Trump pubblicati dopo poche ore dal discorso di Draghi assumono tutt’altro peso.
Non appaiono più come personali idiosincrasie, ma corrispondono (e rispondono) a precise posizioni politiche di alcuni paesi influenti dell’Eurozona, a loro volta espressi in forma di dissenso dai membri delle loro rispettive banche centrali.
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A questo punto, diventa cruciale osservare come si porrà il prossimo Presidente della BCE, Christine Lagarde nei confronti di queste tensioni interne, che richiamano posizioni economicamente antitetiche fra i paesi membri dell’Eurozona.
Durante il suo incarico al Fondo Monetario, la Lagarde ha mostrato un’attenzione (giustamente) maniacale nei confronti della stabilità economica globale e già la sua prima dichiarazione come futuro Presidente della BCE tradiva questa sua sensibilità verso il quadro d’insieme , quando ammoniva che:
L’impatto delle misure non convenzionali, per continuare ad essere positivo, dovrà basarsi su analisi costi-benefici. Bisogna essere vigili. La Bce deve fare un inventario” delle misure “e riflettere se il quadro di politica monetaria è sufficientemente solido per far fronte alle nuove sfide.
La reazione ingenuamente entisuastica dei media italiani a questo primo discorso del futuro Presidente della BCE non sembra il prodotto di una attenta riflessione sulle parole della Lagarde, ma più che altro la confessione del desiderio, da parte della politica, di poter continuare a beneficiare degli stimoli monetari.
In realtà, alla luce di queste ultime rivelazioni sul dissenso ormai dilagante nel Consiglio della BCE, il futuro di questi stimoli moneari sembra incerto, dal momento che la loro legittimità potrebbe essere messa in discussione in qualsiasi momento.
Non dobbiamo dare per scontato che la Lagarde userà i bilanci della BCE con la stessa disinvoltura del suo predecessore, piegando la politica monetaria della terza potenza economica mondiale (l’Eurozona) ai particolarismi di alcuni paesi particolarmente bisognosi di stimoli fiscali.
Dal punto di vista di un investitore, mi chiederei se le misure appena varate dalla BCE avranno un futuro, e a tale scopo seguirei molto da vicino le mosse della Lagarde quando si insedierà definitivamente nel suo nuovo incarico…
Il team di Segnali di Borsa
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