E’ dal lontano febbraio 2016 che non ci occupiamo del petrolio come asset di investimento.
In Segnali di Borsa evitiamo il più possibile di dare segnali contrastanti che non possono essere utilizzati dagli investitori.
Pensaci un attimo…da febbraio 2016 a oggi, quante volte hai letto nei media finanziari che il petrolio andava giù e poi che andava su? Una infinità di volte…
E’ facile, ma allo stesso tempo rischioso rincorrere un trend che va avanti e indietro senza avere chiari indizi su cui contare.
Quando succede questo, noi preferiamo astenerci da ogni commento e aspettare.
Ma allora, cosa c’è di diverso adesso? Perché abbiamo deciso di tornare sul petrolio dopo tanto tempo?
Intendiamoci…non è che ci sia in vista un trend epocale, come accade con altre materie prime di cui abbiamo parlato nei mesi scorsi.
Piuttosto si stanno manifestando dei fattori che, messi insieme, potrebbero dare una buona probabilità di successo a un trade di medio periodo. Il che non è poco, quando si parla di petrolio.
Vediamo di cosa si tratta.
La prossima riunione dell’OPEC si terrà a breve, il 25 maggio, ma già ieri c’è stato un annuncio congiunto di Arabia Saudita e Russia sul fatto che i tagli di produzione che erano stati decisi nella riunione precedente, verranno rinnovati per i prossimi 9 mesi.
Dato l’attuale stato delle finanze di questi due paesi, il rinnovo dei tagli era del tutto prevedibile.
L’Arabia Saudita ha perso oltre 200 miliardi di dollari e la Russia ha perso lo stesso in termini di riserve in valuta estera.
Se i tagli OPEC già in atto verranno rinnovati, il prezzo del petrolio arriverà probabilmente a circa 55 dollari. Ma se l’OPEC e la Russia ci metteranno un pò più impegno ed escogiteranno qualche altra crisi internazionale in Libia, in Iran o in Iran, il prezzo potrebbe anche arrivare a 60 dollari.
Molti analisti storcono il naso quando si parla dei tagli di produzione annunciati dall’OPEC.
In parte hanno ragione, perché si tratta più di annunci pubblicitari che altro.
La produzione di greggio è talmente alta che i tagli attuali sono una goccia nel mare.
Da soli non riusciranno mai a invertire il trend negativo di perdite per i Paesi OPEC.
Ma noi dobbiamo solo fare un trade di medio termine, non dobbiamo investire sul petrolio come se fosse il trend del secolo.
Quindi l’operazione di facciata dei tagli OPEC ci sta bene, perché, abbinata agli altri fattori che dirò qui di seguito, ci consentiranno di fare un trade quasi a colpo sicuro sul rialzo temporaneo del greggio.
Quali sono questi altri fattori?
Da parte araba, c’è la famosa ICO della Saudi Aramco, società nazionale del petrolio e gas dell’Arabia Saudita, prevista per l’anno prossimo (ne abbiamo parlato qui).
L’ICO dovrebbe consentire una capitalizzazione di mercato di $ 2 trilioni alla società, la quale diventerà l’azienda più preziosa sulla Terra – più del doppio delle dimensioni di Apple!
Un sacco di gente ricca e potente, come anche numerose istituzioni pubbliche e private di mezzo mondo ci guadagneranno.
E tutte queste persone, credimi, vogliono che il prezzo del petrolio sia più alto di ora, e faranno di tutto perché ciò accada…
Poi c’è il problema Venezuela…
Il Venezuela è stato uno dei maggiori produttori OPEC per decenni. Ancora oggi, pur essendo in pieno caos, il Paese rappresenta circa il 2% della produzione globale di petrolio greggio.
Più della metà del PIL del Venezuela e del bilancio governativo derivano dai ricavi dell’esportazione petrolifera. E anche con un rialzo a $ 50 del prezzo di greggio, il destino di questa nazione è segnato.
La situazione è così grave che attualmente il Venezuela ha iniziato a importare petrolio dagli Stati Uniti, mettendo ancora più fuori gioco la sua stessa produzione interna!
Se i disordini e le sanzioni continueranno a flagellare questa nazione, il suo destino sarà segnato – e con esso anche la sua capacità produttiva petrolifera…
Se questo fosse un blog politico, ci sarebbe molto da dire su quanto queste situazioni siano spontanee o quanto invece siano generate ad arte da chi prevede di guadagnarci…
Non è certo la prima volta che gli Stati Uniti usano le sanzioni petrolifere per dominare sulle economie di altri paesi.
L’Iran ha trascorso quasi 40 anni sotto le sanzioni statunitensi e, dopo la loro rimozione all’inizio del 2016, ha lottato per riconquistare milioni di barili di capacità produttiva e le vendite annuali perse in tutti quegli anni.
Se queste sanzioni sul Venezuela continueranno, le conseguenze saranno molto più drammatiche e senza dubbio si faranno sentire in tutto l’OPEC.
Adesso capisci perché il taglio di produzione annunciato era inevitabile?
I paesi OPEC sono sempre più a corto di entrate. Non c’era altra soluzione possibile…
Ma noi non vogliamo affidare il nostro investimento solo a questi torbidi intrighi politici.
Vogliamo anche contare su concreti ed effettivi fattori di economia reale, giusto?
Per questo abbiamo deciso che, se dobbiamo investire sul petrolio, dobbiamo farlo nel settore estrattivo americano, non in quello mediorientale.
Qui infatti ci sono altri fattori molto più seri che rendono in questo momento le aziende americane le più interessanti per dare solidità e affidabilità al nostro trade.
Tutti questi fattori, uniti alla situazione generale che ti ho appena descritto, rendono quasi “obbligatorio” il nostro investimento.
Sarebbe un errore lasciarsi sfuggire questa unica e irripetibile combinazione di fattori politici e economici!
A questo scopo, il nostro servizio di investimenti a lungo termine Strategie Portfolio, ha trovato una compagnia estrattiva che ha di recente rafforzato la sua capacità produttiva nel Permian Basin, una delle aree di produzione di più alto livello e di più basso costo negli Stati Uniti.
Lì in quella valle felice, alcune aziende riescono a produrre petrolio a 36 dollari al barile, riuscendo a competere perfettamente con i bassi costi di produzione di tanti paesi OPEC e della stessa Russia.
Il Permian è in piena espansione. La settimana scorsa sono stati aperti nove nuovi impianti petroliferi che hanno portato a 712 il numero totale di pozzi della zona- il massimo dall’aprile 2015.
Ma c’è un altro fattore economico che spesso gli analisti dimenticano, quando comparano il petrolio americano con quello dei paesi OPEC:
il fattore raffinerie…
Il petrolio non viene mai venduto così come viene estratto, ma deve sempre passare per una prima, approssimativa raffinazione prima di essere esportato.
E qui viene il bello per la produzione americana…
L’Arabia Saudita e gli altri paesi OPEC hanno scarsi impianti di raffinazione e sono costretti a inviare il greggio alle raffinerie americane, prima di poterlo importare negli Stati Uniti e in tutti gli altri paesi collegati.
Questo dà un vantaggio enorme agli Americani, che aggiungendo al prezzo di quel greggio i costi di raffinazione, riescono a renderlo meno competitivo del greggio prodotto in America.
Uno scherzo crudele, vero?
Ora, il Golfo del Messico è l’area dove sono concentrati i maggiori impianti di raffinazione USA.
E il Permian Basin è vicinissimo a quest’area.
In base a tutto ciò che abbiamo detto, praticamente, il Permian è il posto dove qualsiasi azienda estrattiva, non solo americana, vorrebbe essere in questo momento…
Penso che ora apparirà chiaro perché il titolo di borsa che abbiamo inserito in Strategie Portfolio per cavalcare questo trend è uno dei migliori investimenti che si possono fare per i prossimi mesi…
Riassumiamo tutti i fattori che rendono quasi certo questo trade (imprevisti politici permettendo… purtroppo non abbiamo la sfera di cristallo):
- il fattore tempo è quanto mai favorevole a una ripresa, anche modesta, ma sufficiente, del prezzo del greggio (il disastro dell’OPEC, l’ICO della Aramco sono fra i fattori più forti)
- gli Americani sanno come distruggere la produzione dei paesi concorrenti, e sono nelle fasi finali e più “cattive” di questa lotta
- l’industria estrattiva USA è la migliore al mondo e la meglio impostata, sia riguardo all’estrazione in sé che riguardo alle infrastrutture necessarie per rendere competitivo il prodotto finito
- il Permian è l’area più produttiva e più redditizia di tutta questa industria già di per sé altamente competitiva
- il nostro titolo ha un programma di espansione dei profitti non solo nel Permian, ma in tutto il Texas, che lo rende fra i migliori di tutta quest’area e di tutta l’industria estrattiva americana.
I nostri abbonati a Strategie Portfolio hanno già investito nel titolo, che però ha ancora un prezzo sufficientemente basso per essere appetibile (almeno finché i prezzi del petrolio non inizieranno a salire seriamente).
Per giunta, in Strategie Portfolio stiamo seguendo non solo questo trend, ma anche altri che potrebbero dare profitti a medio termine, come
- l’improvviso afflusso di capitali nelle borse europee (ne abbiamo parlato di recente qui)
- un trend di breve dell’oro (sfrutta una situazione di inversione abbastanza insolita)
- il trend dell’uranio (un classico trend epocale di lungo termine)
La buona notizia è che la maggior parte dei titoli che rappresentano questi trend hanno tutti prezzi molto bassi e competitivi che ne permettono l’acquisto anche oggi.
Quindi, se sei interessato a questi investimenti e vuoi seguire le nostre facili indicazioni per gestirli nel tempo, puoi fare un abbonamento mensile a Strategie Portfolio.
Non appena sarai iscritto, potrai accedere a un’area riservata dove vedrai tutti i titoli ancora acquistabili.
Non dovrai fare altro che prenderli con la tua piattaforma di trading e aspettare i nostri segnali successivi per sapere come portare avanti l’investimento.
Alla tua prosperità!
Il team di Strategie Portfolio