Da quando è nata la nostra rubrica gratuita Segnali di Borsa, abbiamo indicato ai nostri lettori moltissimi trend su cui è valsa la pena investire.
Il platino, l’argento, l’immobiliare americano, il litio, lo zinco sono alcuni esempi di trend che hanno già esaurito la loro forza, ma che nei mesi scorsi hanno regalato grosse soddisfazioni a chi aveva seguito le nostre informazioni di investimento.
Sui diversi trend che sono invece ancora in corso, puoi vedere nella tabella “watch list” del mio computer tutti i titoli di borsa (di solito etf) usati da me per monitorarne l’andamento:
Oggi però non voglio soffermarmi su ciascuno di questi titoli, come ho fatto altre volte (anche perché come vedi gli etf sono quasi tutti molto “tirati” a rialzo e non ti consiglio di investirci sopra, essendo ormai ridotto l’upside ancora disponibile).
Preferisco invece darti una panoramica generale sui trend che potrebbero diventare interessanti l’anno prossimo e su cui probabilmente Segnali di Borsa si focalizzerà per individuare dei buoni punti d’ingresso (ovviamente, nei prossimi articoli del 2017).
A mio avviso, l’evento che più di ogni altro influenzerà i mercati del 2017 è l’elezione del nuovo presidente USA, Donald Trump.
E non solo per le sue “promesse” di supportare la crescita economica attraverso la riduzione delle tasse, la semplificazione dei regolamenti che influenzano lo sviluppo di nuovi prodotti e un piano di investimenti statali in nuove infrastrutture.
Ci sono altri fattori meno noti su cui Trump potrebbe avere un peso e di cui i media probabilmente non ti parleranno.
Ad esempio, pochi sanno che esiste un accordo segreto tra Cina e Stati Uniti sulla manipolazione del prezzo dell’oro (ne abbiamo parlato qui).
In sostanza, per consentire alla Cina di portare la sua valuta, lo yuan, allo stesso livello di apprezzamento del dollaro, la banca centrale cinese ha accumulato oro per anni fino a un livello paragonabile a quello delle riserve aurifere americane.
Questo gigantesco spostamento di ricchezza da occidente verso oriente è avvenuto in un regime di depressione artificiosa dei prezzi del metallo giallo, ottenuto con gli strumenti illegali di cui abbiamo parlato in tantissimi articoli sull’oro (ad esempio qui).
Ma ora che i rapporti tra USA e Cina potrebbero peggiorare (data la ben nota antipatia di Trump verso questo paese), che ne sarà di questo accordo?
Se sapessimo rispondere a questa domanda, probabilmente saremmo in grado di prevedere molte cose sul trend dell’oro, ma per ora non è così.
Un altro fattore di cui i media hanno parlato poco è l’attrito fra il nuovo presidente USA e gli organi attuali della Federal Reserve, la banca centrale americana.
Per capire l’importanza (perlopiù negativa) che diamo al ruolo della Federal, ti consiglio di leggere questo articolo e anche quest’altro, per citare solo i più recenti.
La Federal Reserve (Fed) ha la fissa della manipolazione dei tassi d’interesse e per il 2017 si prevede una strana contraddizione nel mercato delle obbligazioni statali, creato proprio da questa follia maniacale (ne parlerò fra poco in questo articolo).
Ma visto che Trump non vede l’ora di sostituire molti membri della Fed assieme al suo presidente, tutto questo potrebbe non avvenire?
Anche questa è una domanda a cui non sappiamo ancora rispondere.
Per noi i destini della Cina e della Fed influenzano quasi tutta l’economia mondiale. Ecco perché diamo tanta importanza a ciò che Trump farà nei prossimi mesi nei loro confronti.
Ci piacerebbe essere in grado di fare già delle previsioni in merito, ma per ora possiamo solo monitorare da vicino gli sviluppi di queste vicende, grazie alle nostre fonti, e tenerti informato non appena qualcosa di grosso si muoverà.
Ci sono però già delle ipotesi che possiamo anticipare, su ciò che potrebbe avvenire nel prossimo futuro.
Se di Trump possiamo dire ben poco, finché non inizieremo a vedere i suoi primi provvedimenti al governo, abbiamo già 5 trend che in modo indipendente da Trump (per ora) stanno prendendo forma sotto i nostri occhi e su cui ci focalizzeremo nel 2017:
- il corso dell’oro
- i tassi d’interesse USA
- il mercato azionario USA
- il mercato immobiliare USA
- il mercato azionario giapponese
Iniziamo con l’oro.
Se scorri un pò la home del nostro blog Strategie per Investire potrai vedere tutti gli articoli con cui abbiamo accompagnato le tappe di questo trend, dal suo iniziale clamoroso rialzo di luglio fino ai primi ribassi e infine alla caduta libera di dicembre.
Ora la situazione è tornata ad essere molto simile a quella precedente al grande rialzo di luglio:
La linea blu del grafico qui sopra indica il numero di contratti futures a rialzo sull’oro.
Come vedi, i trader stanno uscendo dall’oro a spron battuto e la linea blu si sta avvicinando a tappe forzate allo stesso livello di dicembre 2015.
Se confronti la linea blu con quella nera sovrastante, che indica semplicemente l’andamento del prezzo dell’oro, puoi notare che la linea blu ha una forte capacità previsionale nei confronti della linea nera.
Se la linea blu scende di nuovo fino a quel livello estremo, non ci sono santi: il grande rialzo è vicino. Viceversa, quando la linea blu si porta eccessivamente in alto, puoi stare sicuro che l’oro scenderà di brutto.
Ora, la cosa è in parte assai semplice: quando la linea blu arriverà allo stesso livello di dicembre 2015, faremo un bell’articolo per informarti di entrare di nuovo nell’oro.
Resta però il fatto che, come ho già detto, l’oro è uno degli asset più manipolati al mondo, perciò il prossimo rialzo verrà contrastato con tutti i mezzi illegali a cui accennavo prima.
Quindi non solo la linea blu dovrà scendere al livello che ti ho detto, ma dovrà esserci in contemporanea anche un evento politico o economico talmente grave da creare una corsa all’oro capace di sovrastare la routine manipolativa a ribasso delle banche centrali e dei grossi investitori.
E’ già successo col “brexit”, succederà ancora nel 2017. Dobbiamo solo aspettare la prossima crisi.
Tassi d’interesse
Sui tassi d’interesse americani possiamo fare il ragionamento opposto a quello dell’oro:
E’ da quest’estate che i trader si stanno precipitando a sottosrcivere nuovi contratti future relativi al bond statale USA a 10 anni (10-year Treasury), fino a raggiungere un livello estremo molto superiore ai livelli precedenti.
Questa corsa al titolo di stato USA è dovuta a diversi fattori:
- la svalutazione delle valute mondiali spinge a preferire il dollaro come moneta forte
- i tassi a zero o negativi dei titoli di stato dei paesi sviluppati invogliano a rifugiarsi nel dollaro e nei titoli di stato ad esso legati, visto che sono fra i pochi a garantire ancora un rendimento sopra lo zero.
- i Cinesi sono in fuga dallo yuan e si buttano su qualsiasi cosa, anche sui titoli di stato USA
- e molto altro ancora…
La corsa all’obbligazione di stato USA però ha recentemente invertito il suo corso a causa dell’eccessivo rafforzamento del dollaro.
I paesi che prima compravano bond USA come non ci fosse un domani, ora li stanno scaricando per alleggerire la pressione del dollaro sulle loro valute.
L’aumento delle vendite sta portando a una diminuzione dei prezzi di questi titoli, con conseguente aumento dei rendimenti (nelle obbligazioni, prezzo e rendimento sono inversi fra loro).
Quindi dopo 35 anni di continui aumenti di prezzo, per la prima volta c’è il pericolo che chi detiene un titolo USA potrebbe avere problemi a rivenderlo, perché nel frattempo i nuovi titoli immessi sul mercato avranno prezzi più bassi dei suoi.
A fine 2016, il titolo di stato USA a 10 anni è passato da un rendimento minimo del 1,64% a quello attuale del 2,50%. Si tratta di un aumento drastico per una obbligazione di stato!
Un segnale così forte potrebbe decretare un brusca interruzione del mercato rialzista di questi titoli, come indica anche la situazione molto estrema del grafico precedente.
Ma, attenzione! Il mercato dei bond non è così lineare come quello delle azioni.
Il rendimento di questi titoli non è solo decretato dal mercato, ma anche dalla Federal Reserve.
Un aumento al 2,50% dei tassi d’interesse comporta per lo stato un aumento vertiginoso del debito pubblico (gli interessi da pagare a chi detiene questi titoli diventano un problema per le casse dello stato).
Ecco perché riteniamo che questo aumento avrà una fine e anche per il 2017 il tasso medio dei titoli USA resterà all’1%, esattamente come nel 2016…
E se stai pensando al fatto che la Federal Reserve una settimana fa ha dichiarato di aumentare 3 volte i tassi nel 2017, considera che aveva detto la stessa cosa a dicembre 2015…e sappiamo com’è andata a finire. Non è successo nulla di tutto questo.
La Fed non ha mai dato seguito a questo programma, ma anche se lo facesse in futuro, i tassi medi resteranno all’1%. Infatti la Fed può incrementare solo i tassi dei bond a breve termine, non quelli a 10 anni di cui abbiamo parlato finora.
Quindi se anche portasse i tassi a breve dallo 0,60% all’1%, come ha dichiarato di fare, i tassi a lungo termine (come quelli del nostro treasury a 10 anni) scenderanno sotto l’attuale 2,50%.
La nostra previsione perciò è che il 2017 potrebbe avere questa curiosa doppia tendenza: i tassi a breve su e quelli a lungo termine giù. Piuttosto insolito, ma inevitabile, per la buona ragione che ti ho detto: il governo USA andrebbe in bancarotta se dovesse pagare tassi d’interesse medi superiori all’1%.
D’accordo, non voglio nasconderti che c’è anche uno scenario meno probabile e più drammatico.
Il rapido aumento dei tassi governativi è legato anche all’aumento dei tassi obbligazionari delle aziende.
Nel 2017 queste obbligazioni emesse dalle aziende inizieranno ad andare in scadenza, e nessuna azienda sarà in grado di restituire i soldi ai debitori.
Ecco le scadenze:
– 2017: circa 125 miliardi da restituire (è già prevista la bancarotta del 10% delle aziende indebitate)
– 2018: circa 250 miliardi da restituire
– 2019: circa 350 miliardi da restituire
– 2020-2021: circa 400 miliardi da restituire
E’ possibile che la crisi scoppierà in una delle fasi intermedie, ma se ciò non accadrà, non potrà non scoppiare nella fase più acuta (2020-2021).
Ma questo è molto avanti nel tempo…
Tornando al 2017, la concomitanza dei rialzi dei tassi governativi e di quelli delle obbligazioni aziendali potrebbe scatenare una uscita di massa in panico da parte di molti investitori su tutto il mercato obbligazionario in genere.
E questo prima che la Fed possa fare marcia indietro nel suo programma di rialzo dei tassi.
Si tratta di uno scenario più drammatico e allo stesso tempo meno probabile di quello descritto prima, ma se dovesse realizzarsi, ricordiamoci del grafico precedente sull’oro e su quanto il metallo giallo sia pronto a scattare in avanti appena un crisi qualsiasi allenti la briglia dei manipolatori…
La questione dei tassi d’interesse è legata un pò a tutti gli altri fattori economici che influenzeranno le nostre scelte di investimento del 2017, quindi anche su questo monitoreremo la situazione e ti terremo informato.
Immobiliare USA
Sappiamo già che Trump è sinonimo di investimenti immobiliari e infrastrutture.
Pochi sanno che se davvero il nuovo presidente USA dovesse iniziare a supportare questo settore, il suo intervento ricadrebbe su un mercato che ha tuttora dei prezzi molto più bassi rispetto ad altri mercati nel mondo.
E’ un luogo comune che l’immobiliare USA sia in bolla. Lo capisco, dopo il trauma del 2008.
Ma in realtà, se guardiamo a uno dei mercati più dinamici degli States, quello della Florida, vediamo che dopo lo scoppio della bolla immobiliare del 2008, l’attività dei costruttori è rimasta molto al di sotto dei livelli medi:
Probabilmente con Trump le cose cambieranno presto e questo grafico tornerà a crescere verso i livelli del 2005.
Ma ora abbiamo la rara opportunità di avere una offerta bassa di nuovi immobili e contemporaneamente un livello di prezzi ancora basso.
Quando c’è una scarsità di offerta, ma la domanda inizia a salire, anche i prezzi salgono.
Ecco perché l’aumento dei prezzi è contemporaneo all’aumento di nuove costruzioni, in una corsa a rialzo che è supportata dalla facilità per gli acquirenti di indebitarsi, più che dalla scarsità dell’offerta.
Quasi un anno fa (a gennaio 2016) avevamo proposto un trade di breve sugli immobili USA basandoci sul fatto che gennaio è un mese tradizionalmente rialzista per questo mercato.
Ora possiamo ripetere il trade, ma allungando i tempi anche oltre gennaio, cercando di approfittare dell’effetto Trump su questo mercato.
Devo dire che a gennaio scorso il trade andò bene, ma la cosa davvero strana è che i due titoli che avevo citato in quell’articolo per monitorare questo trend non sono diminuiti di prezzo, ma sono rimasti moderatamente rialzisti per tutto l’anno:
Il rendimento mostrato nell’ultima colonna a destra è più o meno simile a quello raggiunto all’inizio del 2016, segno che il mercato ha tenuto anche oltre l’effimero effetto-gennaio.
Anche questo settore quindi sarà sotto il nostro radar per il 2017.
Il mercato azionario USA
Se c’è un mercato che tutti ritengono ormai andato “in bolla” è l’azionario USA. Ma anche qui molti analisti si sbagliano, perché in realtà i prezzi attuali hanno ancora molto spazio per salire.
La storia dimostra (dal 1928 a oggi) che quando c’è un rialzo di dodici mesi di seguito, come nel 2016, il potenziale a rialzo per l’anno successivo cresce in media del 7,3% nel 31% delle volte (prima riga della tabella sotto):
Un indicatore molto preciso creato dalla Stansberry Research mette in relazione il P/E ratio dei titoli azionari di un mercato (cioè quanto quei titoli sono costosi o meno in rapporto alle capacità di guadagno delle aziende sottostanti) e gli interessi short su quei titoli (cioè il numero dei futures short aperti dagli investitori su di essi):
P/E ratio + short-term interest rate = TW Value Indicator
Più questo rapporto è basso, meno costosi sono i titoli rispetto a una situazione di eccessivo apprezzamento o di bolla.
Ebbene, ecco la situazione della borsa USA sulla base di questo indicatore:
Come si vede, l’indicatore è ben al di sotto della linea rossa sopra la quale i prezzi iniziano a diventare eccessivi rispetto al reale valore dei titoli.
Quindi l’azionario USA sarà ancora uno dei nostri cavalli di battaglia, soprattutto per il team di traders che segue questo mercato nel nostro servizio ad abbonamento Strategie Weekly.
Il mercato azionario giapponese
Il nostro servizo Strategie Weekly è entrato anche in un mercato diverso da quello americano, cioè nel mercato azionario giaponese, per approfittare di uno dei trend forse più sicuri e stabili del 2017 (e anche oltre).
Il capo della banca centrale giapponese, Haruhiko Kuroda, ha lanciato il suo programma triennale di ribasso dei tassi d’interesse e di allentamento monetario che svaluterà lo yen e farà riprendere il trend a rialzo del mercato azionario ai livelli del 2013.
Si tratta di un trend “garantito” dallo stato giapponese su cui in Strategie Weekly siamo entrati con un etf dalle particolari caratteristiche che ci proteggono dal rischio di svalutazione dello yuan.
Questo era l’ultimo, ma forse il più importante (in termini di solidità e probabilità) dei trend di questo inizio 2017 che mi sento di anticipare prima ancora che termini il 2016.
Ci sono molti altri trend nel settore delle materie prime che stiamo monitorando, ma su quelli non possiamo fare anticipazioni se non sappiamo prima quali saranno le prospettive del dollaro e dei tassi d’interesse americani.
Le materie prime in realtà sono il trend ciclico per eccellenza, capace di tirare a rialzo per diversi anni. E nel 2016 abbiamo già avuto diversi “risvegli” in certi settori.
Credo perciò che se gli USA si decideranno a indebolire il dollaro, almeno un pò, e se Trump darà davvero inizio alla festa delle infrastrutture pagate dallo stato, le occasioni di investimento inizieranno a spuntare come funghi.
Per ora mi fermo qui e ti trasmetto i migliori auguri di buon Natale e di felice anno nuovo da parte mia e di tutto lo staff di Segnali di Borsa.
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Alla tua prosperità!
Il team di Segnali di Borsa